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mercoledì 14 aprile 2021

Lite fra canonici: Risposta dei Canonici di Mileto a una Scrittura (persa) dei Canonici di Seminara. La questione della Concattedralità.

 

RISPOSTA

 

Proprietà privata Giuseppe Ferraro

Del

Capitolo della Regal Chiesa

Cattedrale di Mileto

 

Alla scrittura

Data

Da’ Canonici della Chiesa Collegiata

Di Seminara.

 

Per la Causa, che fra essi loro

Verte nella Regal Camera

Di S. Chiara.

 

Trascrizione di Antonio Caracciolo

da uno Stampato originale,

di proprietà privata di Giuseppe Ferraro,

avuto in visione per copia trascrizione e annotazione.

 

Avvertenza:

Le annotazioni che si trovano in calce al testo hanno carattere provvisorio e sono appunti e promemoria per la ricerca da condurre, specialmente negli archivi.

 

 

 

Ut quisque suis finibus contentus vivat, ambitio non permittis. Guicciard. Lib. 3. Historiarum.

 

Chari sunt Parentes, Chari liberi, propinqui, familiares, sed omnium Charitates Patria una complexa est, pro qua quis bonus dubitet, mortem appetere, si ei fit profuturus. Cic. I. Off.[1]

 

 

Avendo i Canonici della Collegiata Chiesa di Seminara dopo lo informo fatto per parte del Capitolo della real Chiesa Cattedrale di Mileto eccitati alcuni fievole, ed insussistenti dubbj sì a voce, che nell’allegazione presentata per la Causa, che in questa Real Camera tra i medesimi, ed il Capitolo pende, sebbene restassero già disciolti, e risoluti dalla Nota data in istampa[2] da’ Difensori d’esso Capitolo, e dotta perorazione per la prima volta fatta, pur senza fare occupare tali valet’Uomini, a discerare gli stessi articoli posti già da’ medesimi in chiarissima veduta, e per se stessi luminosi al par del Sole nel meriggio, ha stimato chi obbligo. E divozione protesta ver la suddetta Cattedrale Chiesa, e suo rispettabile Capitolo, ed amor per la Patria, alle propmosse difficoltà brievemente rispondere, usando però ogni legge di dovuta modestia, per non imitare il mordente stile, e satirici motti adoprati dagl’ Avversarj nella di loro Scrittura[3], censurando esso Capitolo per ignaro della Istoria specialmente de’ mezzani tempi, ed occupato alla sola sola lettura del Breviario, ed un de’ mebri d’esso, per tal causa in questa Capitale inviato, per ambizioso d’onore perchè si ha fatto citare nell’allegazione, come persona importante all’affare. Tanto lo intero suddetto Corpo, quanto i suoi Individui bisogno mica non hanno a dimostrare l’opposto, sendo ad ognuno nota la singolar di loro dottrina nelle scientifiche facoltà, perfetta professione di lingua Greca, ed Ebraica, Istoria di tutt’i tempi, ed altre utilissime cognizioni, con aver chiari argomenti sempre recati del diloro profondo sapere sì nel Foro, che nelle Cattedre, e Sagri Pergami, ed anche di prudenza, e destrezza nel maneggiare gl’ardui affari della vasta lor Diocesi, e delle straniere, per varje gravi addossategli incombenze, e dopo d’aver sodisfatto alla lettura del Breviario, non solo lodevole, ma anche al ceto Chiesastico di necessità prescritta, sanno anche impiegarsi  in quegli onorati, e virtuyisi disimpegni, dove, e come i giusti diloro doveri li richiamano. Molto si potrebbe de’ medesimi dire, ma si passa in silenzio giusta lo avvertimento Proverb. 17. Laudet te alienus, et non os tuum extraneus, et non labia tua.

 

Nè tampoco l’assistente per la presente Causa, quale in vero in rincontro agl’altri riputasi, come vile lucciola tra’ fulgentissime stelle, procurò di farsi nella suddetta allegazion citare, ma ciò gl’amorevoli , e savj Difensori fecero (non ostante la di lui modesta, e doverosa ricusa, specialmente per la qualità senza verun merito, ma per di loro compitezza attribueteli) al solo fine di muovere, coll’esporre i gravi dispendj del Capitolo, e la lunga dimora qui del nominato, i Signori Ministri, ad agevolar la spedizion d’essa Causa; mentre se l’ambizion di Gloria nel di lui animo si fusse destata, non in tal guisa dall’altrui fatiche ricercata l’avrebbe, ma dalle proprie quantunque rozze, ed impolite, quali per altro profittevoli ne’ passati tempi sperimentarono più suoi, stimatissimi Clienti della stessa Città di Seminara, anzi del medesimo Collegio, in cui de’ rispettivi Canonicati ad esclusion di molti, che gli li contendevano, furono per il di lui patrocinio istituiti.

 

In fine esso assistente unicamente attender voendo alla sostanza della Causa, manda in oblìo qualsisia non già meritata offesa. Così non solo la Cristiana carità, ed il proprio carattere, ma anche la civil prudenza suggerendo: Non esse mei injuras meminisse, quas ego etiam si ulcisci possem, tamen oblivisci mallem, Cic. Lib. I, Off.

 

Entrando per tanto nella discussion, e disame della Causa predetta, su dimostrerà per primo quanto stravagante sia la pretension di Concattedralità della Chiesa Collegita di Seminara da’ di lei Canonici nudrita, e ventilata, quantunque ultimamente ristretta, poiché avendola conosciuta troppo ardita, ed affatto insostenibile, confessano in essa di loro Scrittura fol. 10. 11. e 47.[4] Di non esser detta Chiesa Concattedrale, per aver perduti colla suppression di Tauriana, e sua traslazione alla Cattedral Chiesa di Mileto i diritti essenziali alle Concattedrali, pur nondimento soggiungono, e sostener pretendono, d’aver in memoria del sua antica Dignità ritenute molte onorificenze, e prerogative, che alle sole Concattedrali spettano[5].

 

Per togliersi tale artifizioso equivoco, e sbarbicarsi fin dalle radici ogni di loro vana, e fallace speranza, giacchè esso Capitolo Cattedrale fondati motivi ha di sospettar di tal loro ritirata, e cambiamento, avendo essi Canonici nella procura, da’ medesimi formata, e presentata nella Curia di Monsignor Cappellano Maggiore, lo incarico, e facoltà al di loro Procuratore impartita, di domandar fra gl’altri punti quello della Concattedralità, come simile dichiarazione cercarono i medesimi, ed i Sindici della stessa Città in più suppliche umiliate alla Maestà del Sovrano, e poi rimesse alla Curia del Signor delegato della regal Giurisdizione, stimasi opportuno, per le additate ragioni, e per far mandar fuori ogni occulto veleno, che forse in seno agli Avversarj nudriscono (quantunque di ogni virtù di nuocere privo), abbattere la di loro mal fondata, ed inetta inchiesta, e della Concattedralità, e delle imaginarie reliquie della medesima, dimostrandosi, che né la pretesa qualità principale, né le asserte prerogative, ed onorificenze particolari in essa Collegiata di Seminara più delle altre della diocesi concorrono. Qualunque però sia la di loro confessione, vien già per parte di essa Cattedral Chiesa in tutto, e quanto gl’è favorevole, accettata, siccome s’impugna per qualsisia altra parte anche menoma, e rimota, con cui pretendasi, quella punto ledere, e pregiudicare.

 

Della Concattedralità,

ed asserte prerogative della Collegiata di Seminara.

 

Sendo essi Canonici d’ogni giusto appoggio, anzi di qualsisia almen colorato Titolo sfornìti per la di loro mal consigliata intrapresa sostenere, d’altro non s’avvalgono, se non d’enfatiche espressioni, ed improprie interpretazioni nate dal proprio talento, esaggerando ne’ fogli iv. v. x., ed xi. Della loro Scrittura, il tenor della Bolla d’Alessandro VII,, con cui essa Chiesa prima semplice Parrocchiale, fu poi nell’anno 1660. eretta in Collegiata[6], adducendo le seguenti parole: Et in Oppido Seminariae Sedes olim Episcopalis Taurianensis a Fel. Record. Gregorio VII. Papa praedecessore nostro ad Ecclesiam Miletensem translatam, arguendo da ciò, averla riconosciuta per antichissima sede Vesvovile, e perciò distinta sopra tutte l’altre Chiese della Diocesi, e decorata di moltissime prerogative, che l’eguagliano per mille modi alla stessa Cattedrale di Mileto, specialmente per aver istituita una sola Dignità di Arcidiacono, solita ad accordarsi alle sole Cattedrali, e senza imitazion d’Insegna: per ritrovarsi il Trono fisso Vescovile: che i Vescovi di Mileto prendono solennemente il possesso, come lo pigliano nella Cattedrale: furon soliti ivi far’ Ordinazioni, Cresima, ed altre funzioni Fonteficali: i Canonici quando s’installano, devon far la professione della fede nella Curia Vescovile in mano del Vescovo, o suo Vicario, e son’obbligati recitar nel Coro tutte le preci, e funzioni, come le pratticano i Canonici della Cattedrale medesima, con aver presentati in comprova di tali, cotanto decantati distintivi caratteri, e preeminenze più attestati de’ loro Concittadini.

 

Ed ecco la gran base, e fondamenti, su cui erger pretendono un sì eminente, e sublim’ edifizio di Concattedralità, o uguaglianza della di loro Chiesa colla Cattedrale di Mileto. Nessun degl’espressati segni tal qualità induce, e di tal carattere la veste, ma comparir tutti la fanno uguale, ed in certi riflessi inferiore all’altre Collegiate della Diocesi come appresso si renderà palese.

 

Primieramente l’enunciativa contenuta in esse Bolle: Et in oppido Seminariae Sedes olim Episcopalis Taurianensis etc[7]. non costituisce menoma pruova[8], di esservi stata in Seminara la sede Vescovile, mentre trattandosi di Bolle graziose[9] senza discussione, o appuramento di fatti, non contenendo lo altrui pregiudizio, soglionsi dallo spedizioniere tirare a compiacenza, ed arbitrio di chi ne porta le premure, e secondo il dettaglio, che se li dà riguardo alle circostanze, o cause non sostanziali, su le quali non si fonda la grazia: Di fatto di tal situazione di fede in Seminara nessuna menzione, o parola ne la Bolla di suppressione d’essa, emanata dal Sommo Pontefice Gregorio VII;, né da Callisto II., né tampoco il Diploma del Serenissimo Conte Ruggiero, quando in essi era il luogo, e tempo proprio, d’esprimersi tal circostanza[10], ma solamente dichiararono, di supprimere la sede, e Chiesa Vescovile Taurianense[11], e trasferirla[12] in quella di Mileto[13]. Oltre di che se pur èper ipotesi si fusse il Vescovo di Tauriana per qualche causa, o accidente ridotto, a far soggiorno in Seminara, come degli Istorici il solo Barrio da Contradditori allegato asserisce (quale per altro fede non merita come sospetto, mostrandosi ver di detta Città parzialissimo[14], giacchè parla non da sincero, ed indifferente Istorico, ma d’affezionatissimo Avvocato[15], con aver parimente senza carattere di Consigliero, o Ministro spiegato il voto, di doversi la sede Vescovile restituire) avrebbe forse alla Chiesa di Seminara trasfuso jus, o diritto alcuno di Cattedralità[16]? Certo, che no, come dall’accidental dimora del Vescovo in qualsiasi luogo della sua Diocesi nessuna Chiesa l’acquista[17]. Né dallo stesso Pontefice Alessandro VII. Nelle divisate Bolle d’erezione dell’anzidetta Collegiata di sopra allegate. Si debomina, o chiama Sedes Episcopalis Seminarensis, ma Taurianensis[18]. Ed in vero se fusse stata tal sede in detta Città di Seminara cole dovute legittime[19] forme trasferita, per ivi stare, o per trasfondere jus alcuno a detta Chiesa, non sarebbe, così facile riuscito al Piissimo[20] Conte Ruggiero, tal sede trasferire in Mileto.

 

È superfluo di più su tal punto ragionare[21], sì per essersi ad evidenza dimostrata per aerea. E stravolta la pretension d’essi Canonici di Seminara nella scrittura data per parte d’esso Capitolo Cattedrale, sì perché ambedue Bolle di suppressione del Vescovado di Tauriana, e sua traslazione in Mileto, ed il Diploma di fondazione, e dotazione fatta da esso Serenissimo Principe, per cui la cattedral di Mileto dichiarata fu di Regio Patronato, dall’intutto superflue, ed inutili rendono tali contese, restando precluso ogni adito non solo a detta Collegiata di Seminara, che non ha, né ebbe giammai parte, o ragione alcuna in esso Vescovado, ma né anche alla stessa distrutta Tauriana, se risorgesse, di poter più dopo la dilei suppressione, legittimamente da tanti, e tanti secoli fatta, senza potersi più nominare, alzar la fronte, ed eccitar controversia alcuna su questo assunto[22].

 

E qui stimasi a proposito rapportar patrte della Bolla del Pontefice Callisto II. in conferma dell’altre Bolle di gregorio VII., e di Urbano II., acciò col suono di sì rotonde parole. E precise Pontificie determinazioni, possano gl’Avversarj ormai ricredersi, e sincerarsi della di loro ideata, e stravagante pretensione: Authoritate etiam Apostolica confirmamus ut Bibonensis in Miletensem translata, sicut praedictorum Praedecessorum nostrorum Privilegiis decretum est, maneat in perpetuum: Addentes etiam, ut Taurianensis Ecclesia, quae peccatis Accolarum exigentibus, desolata est, in Dioecesim Miletensis cedat, et Miletensi deinceps Episcopo subiecta permaneat; et una utriusque Bibonensis scilicet, et Taurianensis Ecclesiae Dioecesis habeatur. Et deinceps Miletensis vocabulo nuncupetur. Questa è risplendentissima verità[23], che anche gl’Istorici del nostro Regno ricavasi, ed è ad ogn’uno, anzi agl’Avversarj stessi ben nota, ma quantunque la verità sia tra le tante altre virtù singolarmente commendata, pur nondimeno non è da tutto seguìta, anzi in odio tenuta, specialmente da coloro, a’ quali di qualche bene desiderosi, la speranza per essa si toglie, di conseguirlo.

 

Toccante alle vantate rare prerogative, che contenersi, dicono nelle Bolle dell’accennata erezione, si desidera sapere. Qual particolare grazia[24] ritrovasi in esse conceduta? Da esse[25] nessuna se ne ricava, osservandosi il di loro tenore concepito nella più che semplice, e ristretta maniera, che appunto s’osserva in quella di tutte l’altre Collegiate, anche riguardo all’insegna, di cui non fu prescritta la forma, giacchè fu sempre solita la Dataria, cioè rimettere all’arbitro dell’Ordinario, quale già la tassò, e prescrisse, consistente nella cotta con maniche larghe senza rocchetto, e colla mozzetta di color violaceo di materia di lana, come si documentò per parte d’esso Capitolo Cattedrale.

 

Del Trono fisso Vescovile si farà poi in separata rubrica al quanto più prolisso ragionamento, come di materia rilevante, su di cui principalmente raggirasi l’attentato più enorme, e scandaloso.

 

Vano poi, ed aereo è lo argomento, che vuole tirarsi dalla dignità d’Arcidiacono[26] in essa Collegiata, mentre altre Collegiate[27] della Diocesi hanno il di loro Capo con titolo stesso d’Arcidiacono, come è quella di Palmi, dove trovasi di vantaggio l’altra dignità di Decano, ed in quella di Sinopoli vi sono molte altre dignità di Archimandrita, Decano, Cantore, e Tesoriere, né la differente voce o sia Archidiacono, o sia Decano, o Priore, induce tanto nelle Cattedrali, che nelle Collegiate maggiore, o minore onorificenza, bastando, che sia prima dignitò, ed occupi il primo luogo, giacchè per conoscere la dignità maggiore, o minore s’attende non la denominazione, ma il grado secondp la Consuetudine di cadaun luogo, come insegna Agostin. Barhos. part. 3. All. 37. regul. 4. num. 95, e nel seguente numero soggiunge: In nostra Lusitania, et in tota fere Hyspania Decanus in Ecclesia Cathedrali post Episcopum majorem Dignitatem habet, et in Ecclesiis Collegiatis Principalis Dignitas dicitur Prior, qui praeest toti Canonicorum Collegio; non ha dunque la Collegiata di Seminara motivo di estollersi, e singolarizzarsi, e molto meno riputarsi uguale alla Cattedrale ma più tosto d’umiliarsi, come men decorata di molto altre Collegiate della Diocesi per l’unica dignità in essa istituita; ed altresì per l’antichità della fondazione, mentre a lei di molti anni precede la Collegiata di Pizzo, come dalle fondazioni di entrambe, già in actis presentate, riscontrasi, e gli stessi canonici di Seminara fol. 16.[28] della detta di loro Scrittura pur confessano, in atto, che voglion la precedenza sostenere per certe dichiarazioni della Sagra Congregazione de’ Riti, dal che motivo (per altro irragionevole) presero, di notar l’Assistente di esso Capitolo Cattedrale di poco veridico Relatore presso i suoi Difensori, quando anche per tale accidental circostanza, salva sempre rimane la verità, per parte dell’anzidetto Capitolo espressa, di non esser la prima, e più antica Collegiata la Cjiesa di Seminara, come i di lei Canonici esposto aveano al Sovrano, ma bensì quella di Pizzo, poiché l’epoca della fondazione in materia di precedenza si dee attendere, come per simili gare fra i Regolari fu son replicati venerati Dispacci per punto generale stabilito, cioè di doversi la precedenza regolare dalla più antica fondazione, ed approvazion dell’Istituto: non intende però esso Assistente entrar nella questione di tal precedenza fra esse due Collegiate, potendo cadauna nelle opportunità promuovere le proprie ragioni, mentre la di lui premura restringesi, nel dimostrare insussitente la taccia, di cui gl’Avversarj ingiustamente lo caricarono nello stesso decimo sesto foglio della loro Scrittura.

 

Niente è vero il possesso, che dicono, dover ogni nuovo Vescovo di Mileto prendere anche in Seminara nel primo ingresso, che in essa fa. Ma solo in tale opportunitù quel Popolo, e Clero fa rimostranze di giubilo col suono delle campane sparo di mortaretti[29], ed altri generali segni di allegrezza, e di applauso, che colà portasi lo stesso Vescovo per occasione di visita, o altra emergenza, non altrimente, che fu, ed è, solito praticarsi in tutti gl’altri luoghi della diocesi, mai però prese verun de’ Vescovi di Mileto ivi, o altrove possesso speciale, o distinto da quello, che con solenne atto prender suole, e deve nella Cattedrale, qual’è l’unica di lui sposa per lo spiritual conjugio, che fra loro vien celebrato; Card. Tusc. Verb. Cathedralis ibi: Episcopus est Sponsus[30] Ecclesiae Cathedralis, Petr. Ancaran. Conf. 282, et Sabell. Tom. 2. § 11. Num. 55 ivi: Ecclesia Cathedralis sola habet cum Episcopo Spirituale conjugium, ceterae autem Ecclesiae se habent ad instar filiarum, et subditarum, et unica dicitur ipsius sponsa, eique subjicitur; e tutto ciò comprovato si legge nelle Bolle della Creazione dello stesso Vescovo di Mileto, in cui prescrivesi lo accesso, e consecutivo atto del solenne possesso della sola Cattedrale, senza di cui non puol percepire i frutti della Vescovil Menza, ma giammai in tali Bolle neppur per sogno, suol farsi menoma mensione[31] di detta Città di Seminara: Né tampoco il Vescovo altrimenti facendo, indurre potrebbe pregiudizio alcuno alla sua Chiesa cattedrale[32]: e se detti diversamente con attestati[33], de’ loro Concittadini fecero apparire, da se stessi si scuoprono affettati, ed alieni dal vero, come formati da persone affezionate ver della propria Patria[34], ed inabili a testificar per la stessa, giusta il chiaro sentimento del Dottissimo Ugon Donello Commen. In C. ad tit. 20. Lib. 4. Ad L. omnibus 10. C, de testibus ivi: Idque usque adeo verum est, ut putem, si ex iis rebus Universitatis, de quibus agitur tantum utilitas ad bonestam voluptatem ad Cives redeat, singulos Cives in ea causa teste idoneos non esse, ut si agatur de stadiis, Theatris et Covarr. Pract. quaest. 60 num. 495, et sequ.; Or quanto più cresce la inabilità de’ Cittadini nel presente caso, in cui se la pretesa Concattedralità o eguaglianza colla Cattedrale sussistenz’ avesse, non il diporto de’ Cittadini, ma un positivo di costoro vantaggio, decoro, e dignità della Patria si considererebbe, come tutti tali comuni, e particolari favori si sperimentano da quelli, che soggiornano nelle Cittò, dove le sedi Vescovili fondate ritrovansi[35].

 

Non solamente is Seminara, ma anche in quasi in tutti gl’altri luoghi della Diocesi furon solit’i Vesovi pro tempore fare Ordinazioni, ed altre Pontficali funzioni, specialmente in tempo di S. Visita, che annualmente secondo il prescritto del Tridentino adempir devono, come con pieno, e distinto certificato del Cancelliere della Curia Vescovile, ricavato dagl’antichi, e moderni generali Registri[36] si è comprovato. Anzi gl’avversari stessi in un Attestato[37] per di loro parte prodotto, inavvedutamente provar vollero, che non solo nella loro Collegiata, ma anche in quella delle RR. Monache di S. Mercurio della stessa Città fece il Vescovo Ordinazione, ed altre funzioni solenni etc. circostanza quanto vera, altrettanto irrilevante, aqnzi contraria alla di loro mira, poiché se tali atti Cattedralità, o uguaglianza inducessero, come vanamente sostengono, della stessa prerogativa goder dovrebbe la suddetta Chiesa di S. Mercurio[38].

 

Cresce a dismisura la meraviglia per gl’altri addotti contrasegni delle vantate prerogative, e specialmente di dover i Canonici di essa Collegiata, quando vengono de’ Canonicati investiti, in presenza del Vescovo, o suo Vicario Generale far la professione della fede[39]. Non è tale abbaglio men degl’altro patente, mentre sebben in vigor di Bolle Pontificie, e specialmente di Pio IV. incipien: Iniunctum Nobis, e dello stesso Concilio di Trento i soli Canonici delle Cattedrali tal profession far debbano, riputands’i Canonici delle Collegiate, come semplici beneficiati, pur nondimeno giusta il prescritto delle Sinodali Costituzioni di cadauna Diocesi, ed in particolare quella di Mileto tal’obbligo anche a’ Canonici delle Collegiate, ed a tutt’i Curati, s’impone, anzi pure a’ Maestri di Scuola: E di fatto per i Canonici non solo di Seminara, ma di tutte l’altre Collegiate della Diocesi promiscuamente fu sempre praticato, come inalterabilmente si prattica in essa Curia Vescovile toccante alla profession della fede. Dove dunque si ritrova il distintivo di tali Canonici, e la ideata eguaglianza con quelli del Capitolo Cattedrale, quando tal atto pratticarsi suole da’ Canonici di tutte le Collegiate della diocesi? Siccome in ordine a questa universale osservanza diffusamente ne scrisse Luc. Ferrar. in Bibliotheca art. 4. N. 3 verbo Canonicus fol. M. 24.

 

In qunato all’offizio Divino, ed all’altre preci, che essi dicono, dover recitare in coro nell’istessa conformità[40], che l’adempiscono i Canonici d’essa Cattedrale pronta è la risposta che tal peso non è per essi Canonici di Seminara particolare, ma comune ancora a tutte l’altre Collegiate e comunità di Cappellani Corali, giacchè fin dalla di loro erezzione con formal Decreto a tutti viene imposta la medesima forma di sodisfare agl’obblighi del Coro ad instar Cathedralis, oltre di ritrovarsi anche ciò prescritto dalle sinodali Costituzioni, ed altresì nell’annual direttorio Diocesano, quando prescrive il Modo da tenersi nella recitazione dell’Offizio in Coro rispetto alla Cattedrale, e Collegiate, ed anche per le Messe, che devonsi cantare, occorrendo Vigilia, o in altra opportunità. Laonde non possono detti Canonici di Seminara per tal parte punto differenziarsi da quelle dell’altre Collegiate, siccome dall’osservar i Sacerdoti la stessa forma, e Rito nel recitar l’Ufizio, e celebrar la Messa, non siegue fra essi loro la eguaglianza, riguardo alla particolar dignità, e grado, ma ferma, ed immutata rimane la condizion di cadauno.

 

Or si comprende il fine, per cui i suddetti Canonici nella cennata di loro Scrittura[41] fol. 19 appellaronsiConfratelli de’ Canonici della riferita Cattedrale, qual vocabolo con proprietà di termini in subjecta praesenti materia, ed in tempo, e circostanze delle insorte contese di preeminenze, gradi, e Dignità, a’ medesiminon puol adattarsi, indicando uguaglianza fra essi loro, siccome in tal senso fu da medesimi adoprato per inflazion di spirito, e per lo impegno, di distruggere, almeno affettivamente, la somma differenza, che trav gli stessi, ed i Canonici del Capitolo Cattedrale si frappone; e se tal’espression reggesse, anche i Canonici di Collegiata si direbbero fratelli del Vescovo, quando già non sono, ma i soli Canonici della Cattedrale, Barbos. De Canonicis, et Dignit. Cap. 28 num 54. fol m. 113, Abb. In cap. Novit de iis, quae fiunt a Praelat. : Protestasi bensì lo Scrittore, che se tal forma di dire praticata si fusse, per significare la mutua corrispondenza, e Cristiana carità, col di cui vincolo tutti Fratelli sono sub Christo capite, pronto è esso Capitolo Cattedrale ad accoglierli, siccome sinceramente, e di vero cuore come tali gli stima, ed ama. Si disingannino, per tanto i Canonici di Seminara, e depongano la vana idea[42] di Concattedralità o uguaglianza di essi, e della di loro Chiesa col Capitolo, e Chiesa Cattedrale di Mileto, ben saper dovendo la massima differenza, che passa. Sendo i Canonici della cattedrale de jure, adorni di moltissime prerogative, e facoltà, che a’ Canonici delle Collegiate in nessun conto possono convenire, che per essere quasi innumerabili, non possonsi senza recar rincrescimento qui descrivere, e pieni sono i volumi, che di tal materia diffusamente ne trattano, e da varj luoghi della presente scrittura in parte pur si raccolgono, sono qui in maggior comprova adducendosi, che i Canonici delle Cattedrali sono Consiglieri del Vescovo, e costituiscono uno stesso Concistoro[43], il di loro Capitolo ha la giurisdizione Spirituale, benchè in habitu in tutta la Diocesi[44], che in tempo della vacanza della sede Vescovile riducono in esercizio, cap. ultim. De supplen, neglig. Praelat. In 6. Cap. cum nullus 3. De temp. Ordin, eodem, Pavin de potest capit. Sede vacant. Part. I. qu. I. num. 45,, Bohemer. In Decret. Lib. 3. Tit. 9. § 2. Ivi: Sede vacante in Capitulum exercitium jurisdictionis Episcopalis cum omnibus speciebus, et accessoriis transit: Sunt de Clero primi Ordinis, et in Dignitate constituti, Sperell. Decis. 167. Num. 8. Et 10. Panimoll. Decis. 1. Adnot. 6. Num. 28.[45] Il Vescovo in certi ardui negozj dela Diocesi procede cum concilio[46], et aliquando etiam cum consensu sui Capituli Cathedralis, cap. Novit 4. Cap. quanto 5. Cap. Pastoralis 9. de iis, quae fiunt a Praelatis sine consenso Capituli, Concil. Trident. Sess. 24. Cap. 12. De reform., in fine di cui leggonsi le seguenti parole: Ut meritò Ecclesiae Senatus dici possit. Devono infra annum ascendere a’ sagri ordini, quando a’ Canonici delle Collegiate basta il decimo quarto anno di lor’ età, la stessa, che abilita ogn’uno all’esecuzione de’ Beneficj semplici, ed iniziazion della prima Tonsura; da quali stabilimenti, e regole furono di tempo in tempo emanate a prò d’essi Canonici fra le innumerevoli altre le seguenti Diciarazioni della Sagra Congregazione de’ Riti, cioè, quod Canonici cathedralis Ecclesiae praecedunt Canonicis Collegiate etiam in omnibus actibus in propria Collegiata exercendis, ut in fundan. 2. Octobris 1597 etiam in associandis Cadaveribus propriae ipsius Collegiatae, in Praenestina Cavarum 18. Augusti 1618. Canonicis, et Dignitatibus Cathedralis convenit distinctio tam quod qualitatem Paramentorum, quam quoad locum separandi in Missa, in Recinaten. 20 Martii 1706 in responsione ad primum: Canonici Collegiatae non debent in processionibus incedere parati, sicut Canonici Ecclesiae Cathedralis, in Placentina 19. Maii 1607. In responsione ad 20. Dubium, come puol ogn’uno accetarsene col veder tali dichiarazioni, ed altre riferite ad esso Lucio Ferrar. Verbo canonicus art. VII n. 8 et seq., et num. 5 ibi : Cathedralis enim Ecclesiae Collegiatam vincit honore, et superat dignitate ; i soli Canonici della Cattedrale possono essere eletti Giudici Sinodali, Conservatori de’ Privilegj[47] deì Regolari, non i Canonici ancorchè Dottori delle Collegiate, venendo esclusi dalla bolla di Gregorio XV. Sanctissimus in Christo Pater, ut refert Mathaeucci offic. Cur. Cap. 15. N. 2, et seq; laonde i Canonici del Capitolo Cattedrale in diversa più alta sfera sono costituiti, ut cap. statuimus de majoritate, et obed. Cap. cum Canonicis de pens,; deve perciò ogni corpo Chiesastico mantenersi tra i confini del proprio grado, sendo la Chiesastica Gerarchia tanquam Castrorum  acies ordinata.

 

Del Trono Vescovile.

 

Molto più chimerica è la loro assertiva, di ritrovarsi fin d’antichissimo tempo nella di loro Chiesa il Trono fisso Vescovile, sognar esser l’istesso, in cui sedeva il Vescovo della distrutta Taureana[48], e d’esser la stessa Collegiata Madre di quella di Mileto, come nel foglio xi della loro Scrittura[49], pretendendo ciò comprovare con una mendicata relazione[50] del Governador locale, quando questa di nessun peso, e valor considerar si deve, come fatta a compiacenza del Popolo[51], e specialmente de’ Patrizj d’essa Città, alcuni de’ quali esser doveano suoi Sindicatori in fin del suo Governo, ed appoggiata da un asserto apparente esame di Cittadini non men affezionati per la Patria che interessati degli stessi Canonici per la stretta attinenza, che fra essi intercede: oltre di contenere un fatto dall’intutto inverosimile[52],  mentre l’esistenza di tal preteso Trono vanterebbe la rarissima antichità d’otto, e più Secoli, quando la riferita di loro Chiesa non son due Secoli, che fu construtta nella forma, che oggi s’osserva, e fin’ all’anno 1660[53] sempre fu semplice Parrocchia, giachè allora fu eretta in Collegiata composta di canonici, molti de’ quali vengono istituiti per nomina, e presentazione de’ Padroni di private famiglie, e la Chiesa di Mileto molti secoli prima preesisteva, e godeva tale specioso carattere di Chiesa cattedrale, e maggiore sopra tutte l’altre chiese della Diocesi[54].

 

Anzi la stessa Chiesa Collegiata due secoli addietro né pur era Parochiale, mentre la Chiesa di S. Leonardo, che ancora in essa Città esiste, fin d’antichissimo tempo era l’unica Chiesa Matrice, e poi per la di lei angustia a riflesso dell’accresciuto Popolo spogliata di tal natura. Dal che anche chiaramente deducesi, che se per ipotesi tal ideato Trono stato fusse in Seminara sin da quando il Vescovo della distrutta Tauriana facea ivi soggiorno, come detti Canonici asserirono in detta loro Scrittura, avrebbe dovuto esso Trono star situato nell’anzidetta Chiesa di S. Leonardo[55], allora Parochia[56] e non in essa Chiesa da men di due secoli dichiarata Parochiale, e finalmente Collegiata[57]. Eh che questa figurata antichissima esistenza di Trono è un bel ritrovato, e puro ente di ragione, anzi un mero sogno.

Quod nec pueri credant, nisi qui nondum aere lavantur. A tal sorprendente inverisimilitudine aggiungesi, per farla viepiù falsa, con riverenza, apparire, il gravissimo peso, ed invincibile forza delle pruove fatte da esso Capitolo Cattedrale per lo attentato da essi Avversarj commesso, in aver tal Trono di marmo edificato di propria autorità, due anni addietro, non essendovi gimmai stato per il passato, come l’odierno Signor Vicario Generale di quella Diocesi colla sua solita vigilanza in disimpegno del proprio ofizio accertò alla Maestà del Sovrano con una più che distinta relazione[58], uniformi alla quale sono le attestazioni di più onesti galantuomini della Città di Palmi[59], luogo molto contiguo a detta Città di Seminara con pubblico atto, e le relazioni del Vescovo di Ostuni[60], e del Vescovo di Geraci, che in essa Diocesi la carica di Vicario Generale l’un dopo l’altro esercitarono, quali tutti concordemente riferiscono anche con precedente lettera d’insinuazione fattali fattali dall’Illustre Signor Delegato della Regal Giurisdizione, che mai in essa Collegiata di Seminara vi fu il preteso Trono fisso[61], ma soleva nell’accesso del Vescovo colà per la visita, o per altre urgenze formarsi amovibile di legname, quale poi subito alla di lui partenza si rimuoveva; né per dritto Canonico e comun sentimento di tutt’i Canonisti tal sede fissa Vescovile puole in altra Chiesa situarsi, e mantenersi, se non nella sola Cattedrale, la quale trae l’etimologia, ed il suo specifico carattere dalla sede fissa, che Cattedra si appella, insegnando da quella il Vescovo, ed ammaestrando il Popolo sulle cose appartenenti all’eterna salute; e sono Chiesa Cattedrale, e Cattedra del Vescovo cos’ fra esse congiunte, e relative, che l’una senza l’altra non può concepirsi, e molto meno disgiungersi[62]. Calvin, in lex. Juris verbo Cathedra, ivi: Et hoc more est, quod Episcopus postea n Ecclesia Cathedrae sunt attributae, et quod functionis tempus, sessionis spatium est dictum, ut hic, aut ille Episcopus sedit tot annis. Né cade dubio veruno, che sotto nome di Chiesa la sola Cattedrale s’intenda, così insegnando il Card. Tusc lit E, ivi: Ecclesiae nomine intelligitur Cathedralis § quis qutem in nomine Dei aut. De Eccles. Ed in vero la sede fissa del Vescovo nella sola Cattedrale star conviene, come che questa è l’unica di lui sposa, per quanto di sopra si è con gravi autorità comprovato[63].

Né tralasciar si dee la sonora, ed al presente assunto più adatta dottrina dell’Eminentissimo Cardinal de Luca disc. 2 de praeminent. N. 8 ibi: Alterum adminicultum deducebatur ex sede Eèpiscopali fixa, et marmórea, quae signum est Cathedralis, eum non nisi in Ecclesia Cathedrali sedes Episcopalis fixa haberi soleat; e l’Abate Cavallari pubblico catedrático, e nel dritto Canonico consumatissimo nelle sue istit. Can. Par. 2 cap. 26 de Sacros Eccles. § 3 attribuisce alla chiesa Cattedrale a differenza delle Collegiate la seguente definizione[64]: Ecclesia Cathedralis, quae alias magna, et matrix dicitur, habet fixam Episcopi Catedram, et est totius Dioecesis communit Paraecia. Collegiata habet Collegium Canonicorum, sed non Episcopi Cathedram. Lo stesso vien riferito dal testè citato Lucio Ferr. verbo Capitulum in addit. Num. 13 et 14 ibi: Datur Capitula, in quibus deest Cathedra Episcopalis, et ita Sedes vacans concipi nequit. Huius generis sunt Capitula Collegiatarum Ecclesiarum, sicchè vacando la sede Vescovile, dicesi, vacar quella della sola Chiesa Cattegrale, ma non delle Collegiate, come che in esse la Cattedra non vi è, né starvi puote.

 

Non può dunque la suddetta Chiesa di Seminara (per esser Collegiata, senza menomo rastro, o legno di Cattedralità, o quasi, come ad esuberanza si è di sopra, e molto più nell’antecedente Scrittura[65], dimostrato), né altra della Diocesi tener tal sede fissa Vescovile, anzi giusta il sentimento di Monsignor Riccio risol. 350 n. 3, e di molti altri gravissimi Canonisti da esso lui riferiti non lice né anco al Vescovo in pregiudizio della Chiesa Cattedrale sua sposa in altro suo Trono, seu cattedra trasferire, se non per breve tempo, come suol praticarsi nelle occasioni di accesso del Vescovo ne’ luoghi della Diocesi, dopo la di lui partenza tal sede per altro amovibile vien subito demolita, e distrutta[66], mentre la sede stabile, e perpetua è segno univoco, e certo della sola Chiesa Cattedrale, e sua Cattedralità, come fu deciso dalla Sacra Ruota Romana dec. 141 n. 2 penes Ludovic. Comes 12. Decembris 1603, ibi: Sedes mamrmorea ponitur ad effectum ostendendi, Ecclesiam esse Cathedralem.

 

Or se non può il Vescovo altrove il suo fisso Trono situare fuor della Cattedrale, quanto meno ciò far potevano[67] i Canonici di Seminara con espressa contraddizione di Monsignor Vescovo per la di cui assenza (ritrovandosi in Roma col decoroso impiego di Segretario della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari) il di cui Vicario Generale umiliò distinta relazione, ch’esiste nell’atti[68], al regal Trono, implorando le Sovrane provvidenze per la purgazione di questo, e degli altri attentati da essi Canonici commessi, siccome consonanti suppliche umiliò il Capitolo di essa Cattedrale di Mileto, sì per non ledersi, o violarsi colla cattedralità da detti Canonici vanamente pretesa il Real Padronato, che la Maestà del Sovrano sul Vescovado di Mileto

 

 

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[1] Cari sunt parentes, cari liberi, propinqui, familiares, sed omnes omnium caritates patria una complexa est, pro qua quis bonus dubitet mortem

[2] Vi è qui riferimento a uno stampato di cui non ci è noto il testo né sappiamo se ancora esistente. Esiste nondimeno un mercato antiquario dove di tanto in tanto agli appassionati vengono offerte simili rarità.

[3] Che non abbiamo e non sappiamo se ancora esistente. Ove esistesse, dovrebbe trovarsi nell’Archivio della Diocesi di Mileto.

[4] Abbiamo una dimensione quantitativa della Scrittura contro cui si replica e che non è giunta fino a noi, forse definitivamente dispersa, forse ancora esistente in qualche ignoto archivio: almeno fino al foglio 47. Al di là del merito della causa, oggi per noi di nessun interesse, e dopo il 1783 a terremoto avvenuto, anche per i contemporanei privo di suggestioni, poteva per noi questa Scrittura essere fonte di informazioni storiche.

[5] La problematica si trascina fino ad oggi: Seminara fu o non fu sede vescovile? Lo fu certamente Taureana fino alla sua soppressione. Ed una questione possono essere le ragioni della sua soppressione e la fondazione ex novo di una nuova sede vescovile. Il contesto è quello del predominio della chiesa latina e la cancellazione della tradizione greco-bizantine. Secondo il diritto odierno queste operazioni non sarebbe ammesse, se fatte con la forza. La questione che a noi sembra più interessante è se vi fu, se può ritenersi certa l’emigrazione della parte più consistente della distrutta Taureana, con in testa il suo vescovo, nella più interna e protetta Seminara, e di quali tradizioni Seminara fu portatrice. Non ho notizia di profughi di Taureana che si siano andati a stabilire in Mileto, che nasce normanna e diventa capitale dei conquistatori o invasori normanni, se si può vedere in questa luce il periodo normanno. Taureana come sede vescovile doveva esser soppressa, se le sue radici erano bizantine.

[6] È del 1658 il testamento di Domenico Martello, che fornisce alla istituenda collegiata i mezzi finanziari per sostenere la dignità di Collegiata di prima fondazione. Vi sarà una seconda fondazione che andrà ad elevare il numero dei canonici dovuta da altra donazione testamentaria del Fondatore Lauro. In Seminara con sbocco sulla principale vi sono oggi due strade strade intitolate rispettivamente al Fondatore Martello e al Fondatore Lauro. Il testamento di Domenico Martello è per noi di difficile lettura, ma in forma fotografica è da noi pubblicato in Archivum Taurianense, cui si accede con il link: https://archivum-taurianense.blogspot.com/2021/02/testamento-domenico-martello-1.html e seguenti.

 

[7] Il problema immediato che si presenta alla nostra ricerca è il reperimento di questa Bolla di Gregorio VII, che se autentica già si impone per la sua epoca: 1073-1085. Nel monumentale Regesto Vaticano per la Calabria di padre Francesco Russo non si trova questa Bolla, ad una ricerca su pdf indicizzato.

[8] Trattasi di un falso dunque? O di un errore alla fonte? E chi lo stabilisce?

[9] Non trovo al momento una definizione di “bolla graziosa”, cosa essa mai sia, ma l’espressione esiste e non voglio andare per congetture. Per il resto a noi qui interessa il dato fattuale: dove aveva fisicamente stanza il vescovo fuggitivo della distrutta Taureana, nell’anno 951, se ne è documentata e certa la distruzione in questo anno. Non pare verosimile un lungo periodo di sede vescovile vacante. Il testo che si vuol confutatre non lascia adito a dubbi: un volta (olim) in Seminara si trovava il vescovo di Taureana, esercitando – si suppone – le sue funzioni per l’ambito territoriale di competenza. Che poi, per ragioni di carattere politico, si sia voluto istituire in Mileto una nuova sede vescovile, facendola crescere in importanza, sminuendo le altre già esistenti, è questione politica dell’epoca. A noi oggi interessa il fatto storico, e cioè ricostruire con quanto più dettagli possibile il periodo tormentato ed oscuro della distruzione di Taureana e dei nuovi insediamenti che ospitarono i sopravvussuti e fuggiaschi, in primis a Seminara. Forse la ricerca archeologia potrebbe darci nuovi dati certi.

[10] E perché mai? Se vi era stata decisione tutta politica di sopprimere due più antiche diocesi per crearne una nuova, quasi a mo di giuspatronato del conquistatore Normano, si doveva esprimere rammarico per la soppressione delle precedenti circoscrizioni ecclesiastiche? L’antichità non è sempre un valore che si debba conservare. Con autentica ferocia sono state cancellate le tracce del passato “pagano”. Ma oggi in un giudizio storico comparativo si è concordi nel ritenere il periodo magno greco come il più alto che mai abbia avuto la Calabria: Zaleuco fu il primo giurista della  storia ed era di Locri! La sede di Mileto veniva dotata di rendite e risorse che si spostavano dai territori di Vibona e di Seminara verso Mileto. Di quei fatti vi può essere oggi una lettura socioeconomica. Vi fu una forte alleanza politica fra il papato e i Normanni. Non so su quali testi basati, ma ho ascoltato un aneddoto di una conversazione fra il re normanno e il papa riguardo gli arabi di Sicilia. Il Normanno proponeva di ucciderli tutto, ma il papa, misericordioso: no! Convertiamoli! In questo contesto si poteva ben sopprimere i vescovati di Vibona e Taureana e fondarne uno ex novo tutto normanno in Mileto. Altra conseguenza importante fu la latinizzazione forzata di territori con precedente caratterizzazione ellenica e bizantina. Erano i tempi… E non sono i nostri tempi! Ma anche i Normanni passeranno… I Regni non sono eterni. Non vi è nessun motivo per “valorizzare” quell’epoca più di altre. Abbiamo solo da incrementerare le nostre conoscenze del passato, spogliandole dalle incrostazioni ideologiche che si sono trascinate fino ai nostri giorni. E con ciò non vogliamo certo negare che vi sia stato uno “splendore” nell’epoca normanna.

[11] Che dunque esisteva! Il fatto non è negato.

[12] Trasferimento con relative rendite e risorse. Se la sede non era in Seminara non è neppure menzionata dove essa fosse altrimenti. L’unico dato che abbiamo è quello definito “grazioso”. Peccato, che al momento non abbiamo la Scrittura seminarese contro cui la Risposta miletense polemizza. Dal numero delle pagine citate arguiamo che fosse di estensione almeno doppia della Risposta. Al netto della retorica che non manca mai nella letteratura dell’epoca, dovevano pur esservi dati storici oggi per noi interessanti, essendosi perse la maggior parte delle fonti di storia patria.

[13] Per compiacere il Normanno, non certo per ragioni pastorali e sentite le popolazioni all’epoca interessate. Non erano in uso le consultazioni referendarie.

[14] Questa a me giunge nuova: che il Barrio in quanto storico avesse personali preferenze per Seminara, al punto da venir meno all’oggettività che in ogni tempo ci si aspetta da uno storico. Ma si tratta di un mio limite di conoscenza che dovrò superare. Leggo comunque che era nato in Francia, non in Seminara, ed a lui si deve la prima storia della Calabria, che è del 1571. Dimorò a Napoli e a Roma, dove poteva trovare i documenti sulla cui base scrivere la sua storia, la prima avente per oggetto la Calabria.

[15] Qui si apre, almeno pe rme, un filone di ricerca: Barrio “affezionatissimo avvocato” della città di Seminara! Non mi è noto che il Barrio abbia mai messo piede in Seminara: può essere, ma non conosco nessun documento dove lo si legga. E non credo lo conoscessero gli estesori della Risposta del 1782, o almeno finora – alla pagina in cui siamo giunti - non lo citano. Siamo nel 1782, anno della Risposta alla Scrittura, non nel 1571, dove non mi è noto vi fosse già stata una precedente causa per il riconoscimento della Concattedralità.

[16] Qui appare chiara una distinzione che a noi oggi poco interessa: fra il fatto storicamente certo o meno della presenza in Seminara del vescovo scampato dalla distrutta Tauriana e il titolo di vescovo che sarebbe adesso presente in Seminara, di fatto città vescovile. La questione giuridica era rimessa alla decisione di una corte sita in Napoli. Il terremoto del 1783 fa giustizia di queste vanità terrene che tanto appassionavano gli uomini di chiesa di allora. La questione storica sostanziale resta oggi l’esistenza o meno di una linea di continuità fra Tauriana e Seminara. In altri termine, se mai potessimo disporre di ben altri documenti, la storia di Seminara incomincia ex novo da quando se ne incomincia ad aver notizia, o quel che se ne sa di Tauriana viene ad includersi nella storia di Seminara, allo stesso modo in cui oggi la nuova Seminara uscita dal terremoto del 1783 è la stessa di quella di prima il 1783, almeno per la popolazione superstite? Mi sono sempre lamentato del fatto che colpevolmente le amministrazioni civili ed ecclesiastiche che si sono succedute in Seminara non abbiano dato la dovuta importanza all’unico edificio che era scampato tanto al terremoto del 1783 quanto a quello del 1908: la vecchia chiesa dei Cappuccini, edificata nel 1568, distrutta da un incendio doloso e poi demolita per farvi passare una strada. Mi correggo: testimonio che era grande ambizione di padre Marcello poter ricostruire la chiesa dei Cappuccini.

[17] Mileto non è Tauriana più di quanto possa rivendicare di esserlo Seminara. Mileto è una sede vesovile ex novo. Tauriana è una sede vesovile sosprressa. Mileto come sede vescovile nasce da una ragione politica, non ecclesiale o pastorale. Amministrativamente il papa, da sempre monarca assoluto, ha il diritto di fare e disfare tutto ciò che vuole. Se non si deve rubricare quella antica lite fra ecclesiastici come terrena vanità, e quindi qualcosa di peccaminoso, la sostanza per così dire teologica della questione è la rivendicazione di una comunità di fedeli a conservare la sua identità nei secoli e nei millenni… La chiesa stessa vanta due mila anni. È da vedere se questà contuità millenaria è rivendicabile anche dalle comunità dei fedeli, che poi sarebbe la chiesa in senso proprio: la chiesa è il Papa soltanto o l’insieme dei fedeli con i loro vescovi? E come un papa può sopprimere un vescovo? Ritorniamo alla sostanza: vi è stata, vi è ancora continuità storica fra Tauriana e Seminara? Se non dobbiamo considerare la lite del 1782 come qualcosa di banale, allora la sostanza storica è quella che abbiamo detto e storicamente si pone ancora oggi, non più in una lite fra preti, ma in una disputa fra chi rivendica una linea di continuità Taureana-Palmi e chi invece Taureana-Seminara con Palmi come una tarda secessione da Seminara. Dove poi si voglia mettere Seminara non si capisce bene.

[18] Se idealmente portiamo le lancette della storia al 951, e immaginiamo una fuga dei superstiti in un luogo che già allora poteva chiamarsi Seminara, è da chiedersi quale fossero le percentuali della popolazione: se di 10 (preesintenti abitanti di una terra castellata detta Seminara) e 90 scampati da Tauriana con a capo il vescovo? La questione può diventare meramente noministica. Si tratta qui di congetture che però possono diventare tesi di lavoro e di ricerca. Altra questione ancor più a monte: come si forma una identità di gruppo? In genere, il concetto di identità è associato all’individuo, al singolo, ma esiste anche una identità comunitaria, di gruppo, di cui la manifestazione più vistosa è il linguaggio. Mileto, la Mileto normanna, ha significato la latinizzazione forzata di comunità in precedenza “grecaniche”, oggi superstiti nel versante ionico, ma prima diffuse in tutta l’area magnogreca. Se era questa la “linea politica” dell’epoca normanna, chiaramente doveva essere soppressa la diocesi di Tauriana, se questa apparteneva all’area grecanica.

 

[19] Qui l’estensore sembra voler distinguere fra forma e fatto: nega la forma, il titolo di Sede vescovile, ma riconosce il fatto della residenza, della dimora del vescovo scampato alla distruzione saracena. Il diritto è forma o sostanza? Può l’una esistere senza l’altra?

[20] Il “piissimo” signore aveva suoi terrenissimi interessi politici, che all’epoca non erano separabili dagli interessi ecclesiastici e pontifici: il Papato era un soggetto politico prima ancora che religioso. I sudditi con il loro vescovo potevano avere all’epoca quelli che oggi vengono chiamati “diritti umani”, già di per sé problematici, ma sarebbe un anacronismo trasferirli in un passato così remoto. I documenti non ci dicono cosa all’epoca pensassero i fedeli delle diocesi soppresse. Ma se una lite non fittizia è sorta a sette secoli di distanza, ciò può significare che gli animi non si erano del tutto acquietati all’opera del Conquistatore Normanno che toglieva agli uni per dare ad altri. Infatti, sono da studiare e valutare i risvolti economici della riorganizzazione amministrativa. Oggi in Mileto vi un interesse “turistico” alla “valorizzazione” dell’epoca normanna, ma da un punto di vista identitario e nella misura in cui si ridesta una memoria storica paiono più forti i legami con la “distrutta” (dai Saraceni) e “soppressa” (dai Normanni) Tauriana, la cui eredità si disperse nella Piana. L’epoca normanna viene presto cancellata dall’ingresso sulla scena di successivi Conquistatori ed in ultimo tutto il Meridione  viene assimilato nella Hispanidad fino alla sua costituzione in Regno autonomo con Carlo III di Borbone, per poi scomparire nuovamente nell’Italia sabauda. La battaglia di Seminara significa l’inizio della Hispanidad.

[21] Non pare proprio, per nostra disgrazia che oggi non abbiamo tutti i documenti della disputa. L’aria di sufficienza è un artificio di parte in una questione complessa e delicata che oggi per noi riveste importanza storica. All’epoca, anche successivi al terremoto del 1783, ci furono casi di riconoscimento di concattedralità. Ad esempio, nel 1794 al Duomo di Montecorvino Rovella, oggi in provincia di Salerno. Il riconoscimento comportava che il vescovo doveva risiedere per sei mesi nell’una cattedrale, ed altri sei mesi nell’altra. La pretesa di concattedralità non era un caso isolato riguardante i rapporti fra le chiese di Seminara e di Mileto.

[22] Una volta soppressa, la dignità di concattedrale non verrebbe concessa neppure alla stessa Tauriana, se mai risorgesse. Diventa qui interessante, ma ci porterebbe lontano, una ricerca sui casi in cui la concattedralità è riconosciuta, casi che esistono ed hanno singolarmente una loro storia.

[23] Da profano sulla materia della contesa, e con riserva di verifica, mi chiedo se fosse mai stata possibile una soluzione che potesse accontare tutti: le diocesi di Vibona e di Tauriana con vescovado trasferitosi in Seminara continuavano ad esistere con i loro vescovi e si creava un nuovo vescovado in Mileto. Ma evidentemente per la creazione e fondazione del vescovado di Mileto era necessaria la soppressione di altre due diocesi per poterne incamerare le risorse materiali e la popolazione. Fu una soluzione più di natura politica ed economica che non religiosa e pastorale: ai fedeli non può essere tolto il diritto al loro vescovo, alla loro guida spirituale. La “pecora” passa ad altro pastore, ma in senso più materiale che non spirituale: così decise il “piissimo” Conte Ruggero, straniero venuto a conquistare le terre di Calabria ed a crearvi il suo regime fino a quando non sarà spossessato da un successivo e più forte conquistatore.

[24] Ritorna la nozione di “Bolla graziosa” sul cui significato ci eravamo interrogati. Lo si desume dallo stesso testo.

[25] Queste Bolle che a noi qui ora mancano e di cui andiamo alla ricerca sono dunque presenti e ben note agli estensori della Riposta.

[26] Ho personale memoria, siamo agli anni Cinquanta dello scorso secolo, di come fosse abituale per il parroco di Seminara, Tigani, essere chiamato venir chiamato farsi chiamare “Arcidiacono”, senza altra indicazione. È probabil che il reggente parrocchiale dell’epoca avesse consapevolmente inteso mantenere questa tradizione. Era probabilmente anche uno studioso e conoscitore dei documenti che ancora si conservavano nella Collegiata e che dopo di lui devono aver subito un depauperamento.

[27] Per una definizione di Collegiata pare utile riportare questa voce tratta dal Dizionario storico-ecclesiastico del Moroni, vol. XIV, redatta nel 1840: «COLLEGIATA, o COLLEGIALE. Chiesa, che ha collegio e capitolo di canonici, Ecclesia Collegialis. La collegiata è la chiesa più illustre dopo la cattedrale e le basiliche, è uffiziata da canonici, ed una volta lo era anche dai canonici regolari, e da' monaci. Da questi ultimi ebbero anzi origine le collegiate, nel modo che si disse al volume VII, pag. 287 e 238, ed al vol. XI, p. 264 del Dizionario. Al-cune collegiate per altro sono anche basiliche, e perciò ne godono le insegne, e prerogative. Nelle città, che nei primitivi tempi del cristianesimo non aveano vescovo, la pia brama di celebrare i divini misteri colla stessa pompa ecclesiastica come nelle chiese cattedrali, fece stabilire delle chiese collegiali, e dei capitoli, che vivessero in comune sotto una regola, come quelli delle chiese cattedrali. Di ciò fanno testimonianza quelle chiese antiche, le quali hanno contiguo il chiostro. Allora quando in alcune cattedrali si diminuì l'osservanza della vita canonicale, i zelanti vescovi scelsero dal corpo de' canonici quelli, che adempievano esattamente le regole, e ne formarono dei collegi, coi quali nelle loro città vescovili stabilirono delle collegiate. Ma in progresso di tempo s'illanguidì lo spirito della vita comune nel Clero (Vedi) sì nelle collegiate, che nelle cattedrali, quindi nacquero le congregazioni de canonici regolari (Vedi), che seguitarono a vivere in comune. Ma ancora in questi diminuitosi il fervore, i romani Pontefici secolarizzarono diversi capitoli di collegiate , ed eressero queste in cattedrali, e in sedi vescovili, di cui ai rispettivi articoli si possono vedere i tanti esempi; meno però tale elevazione, le collegiate non hanno seggio episcopale. Vi sono collegiate di fondazione sovrana, per cui il principe, come patrono nomina alle prebende, e vene sono anche di fondazione ecclesiastica, e privata di pie persone, che si riservarono talvolta la nomina di qualche canonico. Per quanto riguarda il servigio divino, alcune collegiate seguono 1’uffiziatura della cattedrale, oltre quella secondo le loro particolari costituzioni, approvate dalla santa Sede. Perchè una collegiata acquisti l'onorevole titolo d’insigne o perinsigne, conviene che ne abbia intrinsecamente le qualità, e i requisiti, in forza de' quali viene dichiarata tale dalla sede Apostolica, non bastando, che il vescovo le assegni tali prerogative senza prove concludenti. Per r erezione poi d’una Chiesa (Vedi) in collegiata, è a sapersi che vi devono essere suffcienti rendite pel Capitolo (Vedi), che l’abito sia inferiore a quello del capitolo della cattedrale, come non può la novella collegiata precedere le collegiate anteriormente erette, a tenore della precedenza, che compete uti singulis. In Roma anticamente le collegiate erano in gran numero, e furono già uffiziate un tempo dai monaci regolali; ma ora sono ridotte a nove, secondo il novero, che ne facemmo al vol. XI, pag. 263 del Dizionario, le cui notizie riportammo per denominazione alfabetica, all’articolo Chiese di Roma, e tutte uffiziate dal clero secolare, cioè dai canonici, ed in alcuna anche dai benefiziati, ed altri chierici.»- Al Link:  https://archive.org/details/dizionariodierud14morouoft/page/140/mode/2up?q=Collegiata»

[28] La Scrittura non ci è nota e dal numero dei fogli ne possiamo solo valutare l’estensione, maggiore di quella della Risposta, che termina a foglio 28 con la data Napoli il dì 10. Del 1782 (senza indicazione di mese) e a firma Giuseppe Aversa, il cui nome si legge spesso nei registri parrocchiali di Seminara in qualità di ecclesiastico addetto per conto della Diocesi alla sorveglianza della corretta tenuta dei registri stessi.

[29] La tradizione dello “sparo di mortaretti”, ovvero fuochi di artificio si è tramandata in Seminara fino ad oggi ed è il momento culminante delle festività del mese di agosto, accompagnato alla processione della Madonna dei Poveri. Lo “sparo dei mortaretti”, dopo la processione e il rfientro della Madonna, segna la chiusura delle festività.

[30] Queste immagini ed artifici retorici, propri della cultura dell’epoca, oggi sarebbero materia per psicologi. La sostanza del contendere è una rivendicazione di concattedralità che già all’epoca era un istituto giuridico esistente e praticato. Altra questione la fondatezza o meno della rivendicazione, ma non si può escludere l’esistenza stessa della figura giuridica, come induce a credere l’estensore Giuseppe Aversa. Di lui al momento altro non sappiamo se non la sua presenza in Seminara come ispettore dei registri parrocchiali. Un Giuseppe Aversa era Notaio in Arena nella prima metà del Settecento. Non pare possibile che si tratti della stessa persona.

[31] La diocesi di Mileto nasceva per volontà del Normanno, di intesa con il Papa, con la netta e cruda soppressione di due diocesi esistenti: di Vibona e di Tauriana. A parte la questione meramente ecclesiastica e pastorale-religiosa, vi era stato un drenaggio di risorse di cui non abbiamo il dettaglio come nulla sappiamo di come la presero i fedeli delle già diocesi di Vibona e di Tauriana. A distanza di secoli la questione si ripropone, ed anche qui si tratta di indagare le ragioni concrete della rivendicazione.

[32] Che percepiva rendite dalla Collegiata di Seminara, come pare risulti dalle carte sparse dell’attuale Archivio seminarese, e sulla quale lo stesso Giuseppa Aversa esercitava un controllo.

[33] Non sono giunti fino a noi e se ancora esistenti presso Archivi pubblici o privati, ovvero nel deplorevole mercato antiquario, ne siamo alla ricerca. Si consideri che nel 1782 gli Archivi della Università di Seminara non erano quelli giunti, anzi non giunti, fino a noi, e quindi i documenti di oggi di grande interesse storico erano copiosi e rilevanti. Simili “attestati” andrebbero considerati per la loro rilevanza oggettiva e non svalutati a priori in quanto provenienti da controparte nella causa.

[34] Sentimento che l’estensore della Risposta dà ad intender per spregevole ma che ha una sua legittimità proprio sul piano pastorale. A prescindere dal merito della Causa, che non ebbe mai conclusione, la questione è rilevante sul piano della identità comunitaria come all’epoca veniva percepita e dai fedeli e dai Cittadini seminaresi che avevano fornito gli “attestati” di cui si fa mensione ma che restano a noi ignoti.

[35] Si ammette che qui lo spirituale poco c’entra e c’entrano invece gli interessi materiali connessi all’ubicazione della Sede Vescovile.

[36] Una nota dolente. In documenti di epoca recente si fa spesso menzione di archivi e documenti che purtroppo non sono giunti fino a noi, o non sono reperibili. Le ipotesi sono due: o sono andati irrimediabilmente distrutti e persi per la conoscenza storica del nostro passato o si trovano ancora da qualche parte e non ci abbandona la speranza di poterli ritrovare.

[37] Non lo conosciamo, non lo possediamo, ne siamo alla ricerca, se mai ancora esiste da qualche parte.

[38] Erano numerose le chiese in Seminara e di esse andiamo redigendo un elenco a parte con relativa datazione. Fra tutte però ve ne una che viene negli atti parrocchiali, vidimati dallo stesso Giuseppe Aversa, come Chiesa Maggiore o Chiesa Madre. L’argomento non sembra molto probante. Per gli obblighi della concattedralità il Vescovo ogni anno avrebbe dovuto risiedere nel convento delle monache di San Mercurio? Non credo che sia stata avanzata una siffatta richiesta.

[39] Apprendiamo in questo modo di un momento della vita ecclesiale in Seminara al tempo di prima del terremoto del 1783. Non è chiaro nella Risposto se questo fatto della professione di fede in Seminara si verificasse o meno. Sembra di sé, restando distinto il suo significato giuridico ai sensi della pretesa di concattedralità.

[40] Anche qui abbiamo un’immagine di quella che doveva essere la vita in Seminara appena l’anno prima precedente il terremoto del 1783. Non sappiamo quale fosse il luogo della Chiesa Maggiore. Non esiste un Gruppo Archeologico che abbia ricostruito i luoghi della Seminara prima del 1783. Parrebbe che sul mercato antiquario di Reggio Calabria sia stata venduta una mappa, una pianta urbana ovvero qualcosa che rappresentava i luoghi. Non so se questa informazione che ho raccolto sia attendibile, ma ove fosse è deplorevole che un privato sottragga ai seminaresi così utili dati di conoscenza,

[41] Questa Scrittura ci manca e ne siamo alla ricerca, se mai ancora esiste da qualche parte. Può ben darsi che la su conoscenza diretta ci offra una diversa visione delle cose e soprattutto informazioni oggi di interesse storico, fors’anche di nessuna rilevanza ai fine della causa che era stata promossa. Per adesso possiamo solo farci un’idea del contenuto attraverso la critica demolitrice che ne viene fatta e attraverso il numero di pagina citato che da la misurà dell’estensione del documento. Qui si cita la pagina 19, ma all’inizio era una pagina 47, cosa che ci fa capire che si trattasse di un opuscolo.

[42] Il problema storico che noi oggi qui ci poniamo è di diversa natura e ben altro è il nostro interesse nella misura in cui una ricostruzione storica non si limita né potrebbe limitarsi a un mero accertamento dei fatti: la loro interpretazione non è disgiungibile e non è meno importante dei fatti stessi che da soli senza una interpretazione nulla dicono. E qual è stato nell’anno 1782 e precedenti il principale movente della “vana idea”? Intanto, l’essere stata in origine per almeno un secolo Seminara sede vescovile, supposto qui che sia fondata l’ipotesi di una fuga del Vescovo della assediata Taureana in un luogo nomato Seminara per trarvi salvezza. Può anche essere che parte della popolazione superstite si sia ubicata in altri luoghi della Piana posti il più possibile al riparo dal pericolo Saracena. Poi arrivano in Normanni, che si opporranno non solo ai Saraceno ma anche all’Impero bizantino, ponendo termine alla sua giurisdizione in Calabria. E qui si apre un ulteriore problema storiografico che riveste ancora una certa attualità e che ispira ancora problemi di identità comunitaria. Il periodo normanno coincide con un processo di estirpazione in Calabria delle radici grecaniche che ha avuto maggior successo nel versante tirrenico rispetto a quello ionico, dove ancora oggi persistono comunità grecaniche che hanno suscitato l’interesse di studiosi tedeschi, iniziatori degli studi linguistici in questo ambito. In Mileto ancora oggi si festeggiano in periodo estivo i tempi dei Normanni: un conto è la conoscenza storica sempre più accurata di quel periodo a cui noi stessi siamo interessati, altro conto è una operazione di costruzione di identità comunitaria normanna piuttosto che bizantina o magnogreca o autoctona. La soppressione della diocesi di Taureana, superstite in Seminara, e la creazione di quella di Mileto che ne incorporava le rendite, appare ancora oggi, forse più di ieri, un’operazione politica volta a una sorta di “pulizia etnica”, che oggi non sarebbe ammessa sul piano del diritto ma che in passato era cosa frequente e del tutto normale. Può però succedere che a distanza di secoli i problemi delle origini si ripresentino. Ed è forse ciò che possiamo ritrovare nella “vana idea”, se altri documenti ci consentiranno di ricostruire meglio le ragioni non “vane” della lite del 1782, prima che il terribile tremuoto del 1783 cancellasse ogni cosa, radendo al suolo la stessa Mileto, e ponendo ben altri problemi identitari ai sopravvissuti.

[43] Se abbiamo qui capito il concetto o retro-pensiero i Canonici di Mileto starebbero al Vescovo di Mileto come in Roma i Cardinali al Papa, e magari anche il Vescovo dovrebbe venir scelto dai Canonici stessi in mezzo a loro stessi, designandone uno che poi il Papa andrebbe a ratificare.

[44] A questo punto manca solo un piccolo scisma con la Chiesa di Mileto staccata dalla Chiesa di Roma.

[45] Avendo lavorato per sette anni nella redazione della Enciclopedia del diritto, io farei riscrivere all’Autore della Risposta tutto il suo modo di fare le citazioni, che oggi a distanza di secoli riesce arcano decifrare e individuare. Evidentemente voleva già all’epoca impressionare con citazioni difficilmente verificabili, credo anche a quell’epoca.

[46] Non sempre, direi. Riporto dalla viva voce del prof. Paolo Martino, autore di un libro a stampa sulla storia di Melicuccà, un aneddoto che riporta di una controversia fra il vescovo di Mileto e Melicuccà, che era una Commenda dei Cavalieri di Malta. Per il diritto feudale allora vigente, ogni volta che il Vescovo doveva entrare in visita pastorale in Melicuccà, doveva rispondere secondo una formula tramandata alla domanda: «Come entri in Melicuccà?» e l’ultima volta la risposta fu: “con i piedi”, recando grave oltraggio ai fedeli cristiani di Melicuccà. Guardando oggi a secoli fi distanza fatti altrimenti difficili da comprendere, va considerato il regime patrimoniale ecclesiastica dell’epoca precedente l’istituzione della Cassa Sacra, che espropriava il clero di tutti o gran parte dei suoi beni e delle sue rendite per poter finanziare la ricostruzione post terremoto 1783. Il riconoscimento di Seminara come Concattedrale avrebbe certamente avuto conseguenze sulle rendite finanziarie dei due Capitoli, quello cattedrale di Mileto, e quello concattedrale di Seminara, che versava annualmente alla Mensa Vescovile, come risulta dai bilanci della Insigne Collegiata di Seminara, se non ci tradisce la memoria di un documento che non rivediamo da oltre venti anni.

[47] Il “privilegio” era il cardine di tutta la cultura giuridica precedente la rivoluzione francese che introduce la nozione del diritto “eguale” per tutti davanti alla legge. Oggi il termine privilegio suona come insulto, ingiustizia, prevaricazione, ma era invece a quei cosa normale: si avevano diritti a seconda del proprio status, sia individuale sia come facenti parte di un ordine, di un ceto, di una corporazione. In parte, ancora oggi è così, ma non con la stessa intensità e sistematicità vigente nella cultura dell’antico regime.

[48] Ritorniamo alla questione che oggi maggiormente ci interessa ed è una iattura che ci manchi il corposo fascicolo della Scrittura alla quale vi è qui Risposta.

[49] Qui citata al foglio 13 della Risposta. Dal numero delle pagine citate si evince che la Scrittura aveva una estensione all’incirca doppia della Risposta che ha 28 pagine: viene citata una pagina 47 della Scrittura, non necessariamente ultima.

[50] A noi oggi questa “mendicata relazione” che non abbiamo appare importantissima, perché evidentemente redatta su archivi cittadini ancora esistenti alla data della Scrittura e della Risposta. Vogliamo azzardare l’ipotesi che nella perdita e distruzione de quasi totalità dell’archivio storico oltre all’incuria possa esservi stato il dolo.

[51] Del Popolo, che dunque è partecipe alla disputa, al pari dei Patrizi della Città! Si noti il titolo di “Città” che non è messo minimamente in dubbio.

[52] E perché mai? Qui finora l’Aversa non adduce nulla se non l’asserzione circa questa inverosimiglianza. La loggica dice che se Taureana fu distrutta, e lo ammette anche Aversa, il Vescovo da quale parte fuggendo era andato a risiedere: dove? Fino a questa pagina l’Aversa non lo dice. Che poi la mera permanenza fisica del Vescovo fuggiasco non conferisca titolo al luogo che lo ospita, è una questione diversa dal fatto storico che a noi interessa: l’esser o non esser mai stato in Seminara il vescovo fuggiasco da Mileto. E se non in Seminara, dove altrimenti? A Palmi? Ossia in un luogo sempre più vicino e sotto minaccia di rinnovate incursioni saracene?

 

[53] Fu istituita grazie a una donazione contenuta nel Testamento di Domenico Martello, che ancora oggi si conserva fra gli atti del Notaio Marcantonio de Paula, presso la Sezione di Archivio di Stato di RC, in Palmi Busta 194 Fascicolo Fascicolo 2195, da noi qui pubblicato online: https://archivum-taurianense.blogspot.com/search?q=Testamento

 

[54] Il primo vescovo di Mileto, Arnolfo, fu insediato nel 1081, con la formazione della diocesi di Mileto e la contemporanea soppressione delle diocesi di Vibone e Taureana che furono aggregate alla nuova Diocesi di Mileto.

[55] Da dove Aversa attingeva queste notizie sulla chiesa di San Leonardo? Certo aveva più vicine a sè le possibili fonti. Oggi, ch’io sappia, in Seminara non esiste nulla intitolato a San Leonardo.

[56] Si noti, ai nostri fini, il tono riduttivo sullo status della chiesa in quanto edificio di culto, non però sul titolo di Città per Seminara. Per Seminara il passaggio da Città per titolo imperiale ormai consolidato e indiscusso a Città concattedrale sarebbe stata una evoluzione naturale. Seminara all’epoca era piena di chiese e conventi ed aveva una caratterizzazione religiosa alquanto pronunciata. Ben poteva aspirare ad essere concattedrale. Non va perso di vista il risvolto economico della contesa.

[57] L’argomento non ci sembra molto solido e ciò che oggi a noi storicamente interessa se per il canonico Aversa il vescovo della distrutta Taureana abbia mai dimorato in Seminara, e dove altrimenti. Accertata una diversa sede vescovile, sarebbe stato per Aversa ciò sufficiente per il riconoscimento della concattedralità? L’argomentazione sembra partigiana. Diverso sarebbe se dicesse: ammesso e non concesso che, non esiste egualmente il diritto. L’argomentazione dei Canonici di Seminara è semplice: essendoci stato in Seminara in Vescovo, ciò fonda un diritto alla concattedralità. Sembra questo per le due parti l’argomento dirimente.

[58] Si tratta qui di un altro documento di cui oggi non abbiamo traccia, ma che se fu presentato in Napoli forse da qualche parte ancora si trova.

[59] Compare Palmi, pur essa detta Città, ma che qui appare come teste contrario. Addirittura vi fu un “pubblico atto” per smentire l’autenticità del trono marmoreo. Fra Palmi e Seminara esiste una antica rivalità che nel 1671 si manifestò in uno scontro cruento, con morto, in località Torre Spinelli, ancora oggi confine amministrativo fra i due Comuni.

[60] Ostuni si trova oggi in provincia di Brindisi.

 

[61] Ci sembra che vi sia del comico. Tutta l’argomentazione sulla presenza vescovile in Seminara otto secoli prima si sposta sull’autenticità della sedia, del Trono, in cui un vescovo avrebbe dovuto sedersi. Sulla distanza temporale enorme poco prima si sofferma lo stesso Aversa, che però non trova strano il riferimento fattuale non alla presenza o meno della persona del Vescovo, ma della sua sedia, o Trono. E Palmi scende in campo, nel 1782, su questo fatto probatorio, per negarne l’autenticità. Qui si sente la mancanza della Scrittura, perché non possiamo conoscere le argomentazioni dei Canonici di Seminara, ma solo quelle degli avversari. Ci sembra inverosimile che gli argomenti di prova a sostegno delle proprie tesi fosse una sedia, di legno o di marmo che fosse. Presentarsi in Tribunale con niente altro che una sedia di otto secoli prima sembra quanto mai temerario. Viene da pensare a tutta la gamma vastissima delle reliquie e relativo commercio. Qui però in genere l’orientamento è per l’accettazione dell’autenticità della reliquia. Ma non per il trono del vescovo di Taureana!

[62] Qui l’elemento probatorio non è cercato nella tradizione, nella storicità della “distrutta Taureana” e di ciò che ne fu del suo Vescovo, ma nella permanenza ed autenticità di un sedia nel corso di otto secoli e al netto dei terremoti che vi sono stati. Fra le due testimonianze, quella dei Patrizi della Città di Seminara, a sostegno, e quella dei “galantuomini” della «Città» di Palmi, contraria, il canonico Aversa attribuisce valore alla seconda, che corrisponde ai suoi interessi, anche patrimoniali, di canonico in Mileto.

[63] Il dotto Aversa manca di senso storico: a lui non interessa se il vescovo di Taureana abbia mai dimorato in Seminara, per un secolo, fino a quando con decisione politica dell’epoca non fu decisa la soppressione della sede vescovile, a beneficio di Mileto, ma se dopo otto secoli vi sia rimasta la sedia dove si sedeva, la sua “sposa”! Ed a sostegno (“gravi autorità”) chiama non meglio identificati “galantuomini” della «Città» di Palmi, antica e permanente rivale di Seminara, come ben sapeva dai registri parrocchiali dei morti. Che non sia stato lo stesso Aversa a strappare la pagina mancante? Per sopprimere un elemento di prova che rendeva inattendibili i “galantuomini” di Palmi? Siamo ben consapevoli che si tratta di una mera congettura ma che però in questo contesto ha una sua plausibilità. In ogni processo, in ogni epoca, ha valore l’attendibilità e credibilità dei testimoni. E se si può dimostrarne la parzialità, viene a cadere la loro testimonianza. Non è possibile che nel 1782 Aversa non fosse a conoscenza di una antica conflittualità fra le due Città, di cui la seconda fino ad appena un secolo prima era “casale” della Città di Seminara, poi assurta essa stessa a Città. Il come e quando lo dobbiamo ancora apprendere.

[64] Qui ci sembra che Aversa meni il can per l’Aia. Non si tratta di stabilire l’ovvia differenza fra Chiesa cattedrale e Collegiata, ma se Seminara sia stata per un secolo almeno sede vescovile in sostituzione della “distrutta Taureana” e se nella storia millenaria della Chiesa cattolica apostolica romana ciò costituiva titolo sufficiente alla richiesta non di cattedralità, cioè sede escludiva del Vescovo, ma di concattedralità, con permanenza semestrale del Vescovo in una Seminara che ancora nel 1782 doveva avere un grande decoro urbano ed era ricca di chiese e monasteri, ossia luoghi di spiritualità. Gli Archivi dell’epoca, in Seminara, potevano ancora ben conservare documentazione del passato storico della Città. Per non parlare degli stessi archivi diocesani. A parte le citazioni dottrinali di diritto canonico Aversa non dimostra di aver esplorato né gli archivi di Mileto né gli archivi di Seminara e neppure gli archivi della Colegiata di Seminara, ma l’unica prova che adduce sono alcuni “galantuomini” di Palmi, per i quali il trono marmoreo vescovile in Seminara costituiva un falso.

[65] Quale Scrittura? Oltre a questa Risposta vi era una Scrittura dello stesso Aversa? O ci si riferisce alla Scrittura dei Canonici di Seminara? Il testo non pare chiaro.

[66] A quanto mi raccontano fonti orali di persone ben informate in Seminara non solo Trono attribuito ai primi vescovi taurianensi dimoranti in Seminara non è mai stato mai distrutto, ma fino ad epoca recente su di esso poggiava la statua della Madonna dei poveri. E così doveva essere nell’anno 1782. E qui pensiamo ora ad un intero rogito notarile che abbiamo animo di trascrivere e pubblicare, potendo da esso estrarre elementi utili anche al nostro tema qui in esame. È una iattura il non poter avere la Scrittura (di oltre 47 pagine) dei Canonici di Seminara dove avremmo potuto trovare dettagli al riguardo. In Seminara esiste ancora una via denominata Via Vescovado nei pressi di San Marco vecchio, ossia dei ruderi della chiesa di san Marco di epoca precedente il terremoto del 1783.

[67] Se capiamo qualcosa di questa astrusa materia, qui la questione è un’altra: non si trattava di approntare una Sedia per le volte in cui il Vescovo di Mileto veniva a Seminara, e poi distruggerla. Ad esser conservata, ed utilizzata come Trono della Madonna, fino ad epoca recente, precedente il restauro della statua lignea, era l’originario Trono del Vescovo di Taureana, del quale non sappiamo se portò con sé il Trono su cui poi sedeva in Seminara, o se qui ne fu costruito uno nuovo. Le rare fonti non ci aiutano a questo riguardo. Nella Chiesa ha in genere molta importanza la tradizione, che presta fede a moltissime reliquie, come il capello della Madonna ancora oggi venerato in Palmi. Lo stesso non può valere per il Trono del Vescovo di Taureana in Seminara! E per negarne l’autenticità Aversa faceva ricorso alla testimonianza di “onesti galantuomini” di… Palmi, che ben potevano essere spinti da secolare animosità contro Seminara.

[68] Che noi non abbiamo e che forse più non esistono. Era stata forse ordinata la distruzione del Trono esistente in Seminara? In cosa consisteva la “contraddizione”?

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